«Il networking della conoscenza», come scrive David Weinberger in Too Big to Know (La stanza intelligente), sta operando cambiamenti fondamentali sulla natura del sapere e sul ruolo che rivestono al suo interno i ragionamenti in forma lunga. «La catena dell’autorità non ha fine», dice spiegando l’impatto della rete su autorità e autorevolezza: «un’autorità è l’ultima pagina nella sequenza di collegamenti che seguiamo, la pagina in cui decidiamo di non cliccare alcun link.»
La scrittura in forma lunga conosce lo stesso tipo di trasformazioni. Non è superflua né morta, ma l’evidente potenziamento di cui si avvantaggia se immersa in una ragnatela di idee, conversazioni e argomentazioni dimostra che non è più lo strumento migliore per riunire le idee stesse.
«Oggi che le idee possono fare a meno delle pagine rilegate, viene fuori che le opere in forma lunga non sono mai state abbastanza lunghe» dice Weinberger, e continua «liberate nella distesa sconfinata delle differenze umane interconnesse, le idee si diramano senza fine. Non esistono idee isolate, né ci sono mai state; esistono solo ragnatele di idee.»
La cultura tradizionale è fatta di punti fermi ma in rete non è così: viviamo in una «ragnatela di relazioni». I link «non sono chiodi ma inviti»: usandoli l’autore invita il lettore a esplorare la rete in cui si inserisce il discorso che sta portando avanti, manifestando una rinuncia alla pretesa di completezza. Implicitamente indica uno sviluppo collettivo del pensiero.
Il valore, più che nell’autorità / autorevolezza di per sé, o nella forma, oggi, sta nella capacità di costruire relazioni tra contenuti e persone: ne parlava Sergio Maistrello nel suo intervento a Digitale è reale.
L’idea funziona anche per il libro, se smettiamo di intenderlo in termini di carta e colla e lo consideriamo in primo luogo come uno strumento di comunicazione: il suo valore sta nelle connessioni che è in grado di stabilire e nella possibilità di moltiplicarle.
In due righe (e un ripasso)
» Conoscenze sufficienti: ancora Weinberger, sul cambiamento nel sistema di attribuzione di autorità.
» La rete come sistema operativo del territorio: le slide di Sergio Maistrello a “Digitale è reale”.
» Con un accento pratico, Giuseppe parlava della «grammatica dei link» nelle sue istruzioni per scrivere in rete. L’idea di cambiamento della scrittura per via delle nuove dinamiche di distribuzione dei contenuti la sta affrontando da qualche settimana, negli articoli più recenti in Terza pagina, su La Stampa.
Di Link Economy si parla più o meno dal 2008. Un piccolo ripasso:
- Jeff Jarvis The link economy v. the content economy (2008);
- Jeff Jarvis On the Link Economy (2009);
- Jeff Jarvis The Right to Link (2010);
- Chris Ahearn, Why I Believe in the Link Economy (2009);
- Felix Salomon, How the Link Economy Benefits Reuters (2009);
- Anthony De Rosa, Traditional media’s refusal to enter the link economy (2011).
5 commenti
la frase “i link non sono chiodi ma inviti” è stupenda. Ma si può girare anche in un altro modo: “i link sono i chiodi che tengono un sito ancorato all’ecosistema”.
Come sempre grazie :)
Virginia, per la frase va ringraziato Weinberger ;)
[…] Secondo Jon Lund realizzare un’app nativa per un magazine non è una buona idea: oltre a vivere in un mercato troppo affollato, infatti, le app sono invisibili ai grossi flussi di informazione. Peggio ancora, oscurano i loro contenuti, escludendoli da quegli ambienti vivi e dinamici in cui i lettori sono immersi: di fatto li tagliano fuori da tutte le migliori possibilità di diffusione, tenendo più o meno volontariamente le idee isolate. […]
[…] sono imbattuto in alcuni bei post che vorrei qui condividere con voi. Il primo è intitolato “Non esistono idee isolate, esistono solo ragnatele di idee” ed è secondo me un post da prendere a modello su come si scrive un articolo di un blog: […]
[…] Weinberger – filosofo, dettaglio rassicurante per alcuni – scrive in Too Big to Know: «La catena dell’autorità non ha fine. Un’autorità è una pagina su cui decidiamo di […]